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Insights

Cinque domande sui mercati obbligazionari nel 2022

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Perspectives 2022

Pubblicato il 14.12.2021 TEC

1. In che modo gli investitori obbligazionari affrontano l'inflazione?

Il dibattito sull'inflazione “transitoria” ha dominato i mercati per la maggior parte dell'anno; negli ultimi mesi le banche centrali sono state infatti costrette a moderare il proprio orientamento a causa della crescente evidenza che gli aumenti dei prezzi sono quantomeno più persistenti rispetto alle attese iniziali. Nel mese di ottobre, l'indice dei prezzi al consumo (IPC) degli Stati Uniti ha toccato il massimo trentennale del 6,2% su base annua, il suo sesto risultato mensile consecutivo oltre il 5%. La tendenza è diffusa, con l'IPC di Regno Unito ed Eurozona rispettivamente al 4,2% e al 4,1% a ottobre.

Per gli investitori nel reddito fisso long-only non esiste una copertura perfetta contro l'inflazione. I titoli di Stato legati all'inflazione, come i TIPS statunitensi, non sono efficaci come si potrebbe pensare, e sebbene gli swap tattici possano offrire una certa protezione contro i rialzi delle curve di rendimento, a nostro avviso il “reflation trade” è assolutamente da evitare.

Nei tassi, ciò che vogliamo evitare è la duration. Una forte preoccupazione per gli investitori obbligazionari per il 2022 è che se l'inflazione dovesse rimanere alta, i mercati potrebbero iniziare a scontare un ciclo di rialzi dei tassi più aggressivo da parte delle banche centrali, il che potrebbe determinare movimenti al rialzo estremamente bruschi dei rendimenti dei titoli di Stato a più lunga scadenza, come quelli che abbiamo osservato nei Treasury statunitensi nel 1° trimestre o nei Gilt del Regno Unito nel 4° trimestre. Nel credito, vogliamo evitare i settori a basso margine in cui le società spesso faticano a trasferire gli aumenti dei prezzi ai propri clienti. Un esempio potrebbe essere il settore delle costruzioni, dove i progetti sono lunghi e pertanto l'incremento dei prezzi di fattori chiave come il calcestruzzo e l'acciaio sono difficili da incorporare.

  

2. Le banche centrali sanno cosa stanno facendo?

In risposta al COVID-19, l'economia globale è stata spenta e riaccesa, i viaggi internazionali si sono interrotti e i governi hanno pagato milioni di lavoratori per rimanere a casa. L'inversione di queste misure ha portato alla luce una serie di conseguenze impreviste, dalla carenza di manodopera alle criticità di supply chain globale, che hanno reso questo nuovo ciclo economico estremamente difficile da prevedere.

Una delle grandi incertezze, ad esempio, è il numero di persone che sono uscite dalla forza lavoro durante la chiusura e se intendono farvi ritorno. Nel mese di ottobre la disoccupazione negli Stati Uniti è scesa al 4,6%; quando nell'ultimo ciclo era scesa a questo livello (febbraio 2017), la Fed aveva già operato un rialzo dei tassi portandoli all'1% e il tapering era un ricordo lontano. Con il tasso di partecipazione che ora si mantiene stabile appena al di sotto del 62% – un livello che abbiamo osservato l'ultima volta negli anni Settanta – la Fed semplicemente non sa quale sia la “piena occupazione” post-COVID, e questa è solo una delle incognite che fa temere alle banche centrali di inasprire troppo presto la politica monetaria.

Forse il rischio maggiore che gli investitori dovranno affrontare nel prossimo anno è che le banche centrali restino indietro, e un errore politico sembra sempre più difficile da evitare. Tutti i dati che abbiamo suggeriscono una ripresa economica estremamente solida e su vasta scala, eppure la Fed entrerà nel 2022 con tassi minimi e continuera’ a immettere 90 miliardi di dollari al mese nei mercati attraverso acquisti di titoli.

“Dobbiamo essere umili riguardo a ciò che sappiamo di questa economia”, ha affermato recentemente il presidente della Fed, Jerome Powell. Le banche centrali non sono mai state in questa situazione prima, e lo sanno.

  

3. Qualcuno sa dove sono diretti i Treasury?

In questo momento è praticamente impossibile prevedere sulla base dei fondamentali dove si stiano dirigendo i rendimenti dei Treasury statunitensi decennali. Dall'inizio di marzo, l'IPC core negli Stati Uniti è quasi triplicato, passando dall'1,6% al 4,5%, ma in quel periodo i rendimenti dei Treasury USA a 10 anni non sono aumentati: erano intorno all'1,6% allora e così sono ora, nonostante nel frattempo vi sia stata molta volatilità. Secondo gli analisti di Deutsche Bank, considerata la relazione storica tra l'IPC core e i rendimenti a 10 anni, questi ultimi ora avrebbero dovuto aggirarsi intorno al 7%.

Questa estrema incertezza nelle prospettive per i tassi non è una notizia positiva per gli investitori obbligazionari, molti dei quali in questa fase del ciclo potrebbero voler detenere Treasury a più lunga scadenza o altri titoli di stato come protezione contro una recessione. I tassi sono diventati invece una fonte significativa di rischio nel reddito fisso, in quanto sembrano continuamente improntati a una correzione, che metterebbe in difficoltà anche le esposizioni al credito a basso rendimento prive dello spread necessario per assorbire la debolezza dei tassi. Pertanto, i tassi sull'estremità lunga della curva non sono ancora inclusi nell'asset allocation per il momento.

  

4. Dobbiamo parlare di stagflazione?

A nostro avviso, la risposta breve è no. Intorno alla metà di ottobre la stampa finanziaria ci ha improvvisamente inondati di titoli sulla stagflazione, apparentemente innescata dall'aumento dei prezzi dell'energia e dal peggioramento delle criticità nella supply chain, dovute in particolare a un ingorgo molto pubblicizzato in due dei porti più trafficati degli Stati Uniti. Il tema persiste purtroppo anche nelle prospettive per il 2022, con gli strateghi di Bank of America che recentemente hanno fatto riferimento al termine nel tracciare un parallelo tra le attuali condizioni di mercato e la “stagflazione precoce” tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta.

La stagflazione è un concetto che non ha una definizione ufficiale, ma è generalmente utilizzato per descrivere uno scenario in cui l'inflazione è significativamente più alta del solito (o ben al di sopra dei target delle banche centrali), mentre al contempo la crescita ristagna o è prossima allo zero.

Il dibattito sull'inflazione “transitoria” si diffonde, ma non vi è dubbio che la prima condizione sia presente, al momento. La seconda condizione, tuttavia, è ben lungi dall'essere soddisfatta. Si prevede che la crescita globale quest'anno sarà la più alta da decenni e secondo le proiezioni per il 2022 dovrebbe essere in pratica superiore a quella di ogni anno sin dalla crisi finanziaria del 2008. Eventuali nuovi lockdown legati al COVID potrebbero naturalmente causare una stagnazione della crescita per brevi periodi, ma i dati hanno dimostrato finora che gran parte dell'impatto inverte la tendenza subito dopo l'abolizione delle restrizioni.

Forse la presidente della BCE, Christine Lagarde, ha espresso meglio il concetto a ottobre: “Non stiamo assistendo a una stagnazione…okay?”

  

5. Dove possiamo trovare rendimento?

Leggendo attentamente alcune prospettive per il reddito fisso negli ultimi giorni, è facile giungere a sensazioni piuttosto ribassiste sulle prospettive per gli investitori obbligazionari nel 2022. Il consenso generale è che inizieremo l'anno con valutazioni elevate, crescita e rallentamento degli utili e banche centrali in procinto di avviare rialzi; di certo il prossimo anno avremo poco margine di errore.

Fortunatamente i fondamentali del credito rimangono forti, con tassi di default nel segmento high yield sia negli Stati Uniti che in Europa al di sotto dell'1% e innalzamenti di rating che superano di gran lunga i declassamenti. Tuttavia, data la volatilità che ci aspettiamo, potremmo assistere a una maggiore dispersione della performance nel credito high yield nel prossimo anno e pertanto la selezione dei titoli sarà più importante di quanto non sia stata negli ultimi 12 - 18 mesi.

Dunque, dove a nostro parere dovrebbero guardare gli investitori?

Innanzitutto, le banche, e più specificamente le obbligazioni Additional Tier 1 (AT1), sono una delle scelte principali per il 2022. Riteniamo che le banche abbiano dimostrato la loro capacità di resilienza durante la crisi del 2020, siano più immuni all'inflazione di altre industrie e tendano a beneficiare dei rialzi dei tassi.

In secondo luogo, crediamo che le obbligazioni garantite da collaterale (collateralised loan obligation, CLO) europee siano al momento una delle opportunità di miglior valore per il reddito fisso globale: i rendimenti sembrano attraenti, i fondamentali del credito dovrebbero rafforzare la performance e, come asset class a tasso variabile, presentano un rischio di tassi d'interesse praticamente pari a zero.

Infine, i titoli societari dei ME in valuta forte potrebbero evidenziare considerevoli sovraperformance nel 2022, grazie al recupero della crescita e degli utili in linea con la ripresa post-COVID dei mercati sviluppati. Tuttavia, questa opportunità rischia di evaporare piuttosto rapidamente se la Fed dovesse rimanere indietro e attuare su un ciclo di irrigidimento più aggressivo di quanto stia indicando attualmente. La tempistica è dunque importante al riguardo e la nostra sensazione è che gli investitori saranno ricompensati per la loro pazienza nel breve termine.

Dal punto di vista dell'asset allocation, riteniamo che l'approccio migliore sia quello di mantenere i tassi a breve solo a scopo di liquidità, mantenere una duration del credito relativamente corta e garantire che il vostro portafoglio disponga di asset ad alto rendimento sufficienti a contrastare il rischio dei tassi. Rendimento e roll down sono vostri amici e quest'ultimo è solo un beneficio reale sull'estremità anteriore delle curve del credito.

Inoltre, riteniamo che molte delle incognite si risolveranno nella prima metà del prossimo anno e questo potrebbe offrire un'ottima opportunità per migliorare ulteriormente i portafogli e assumere ulteriori rischi. Storicamente, i cali che si verificano nel corso del ciclo hanno sempre offerto buone opportunità, ma per trarre vantaggio gli investitori dovrebbero mantenere un livello più alto di liquidità, il che ha perfettamente senso per noi, considerate le sfide in vista del 2022.

  

 

  

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